La regressiva evoluzione e la mancanza di dubitare

 E’ mia intenzione affrontare nuovamente il tema che ispirò l’esistenza più profonda e radicale di Disattualizzando, motivo di molte riflessioni e preoccupazioni, volendo riproporlo da un’angolazione meno acerba e sensibile.

Quando posi la seguente domanda apparentemente scontata, venne suscitato fin da subito in me, una fonte di modello di risposta ponderato e di introspezione tale da poter essere raccontata con molto interesse.


Alla domanda “cosa mi rende essere umano”, inizio con delle congetture di vario genere, vivendo la mia umanità prendendo in considerazione i pregi ed i difetti della mia e delle nostre esistenze, accentuando volutamente soprattutto le carenze umane, rese tali dalla nostra complessa ed ambigua situazione naturale storpiata ed allo stesso tempo dalla nostra incoerente, distaccata e complessa situazione sociale.

Non voglio sminuire le bellezze e le spettacolari cose che nel corso di millenni siamo riusciti a compiere, e le tantissime imbattibili pietre miliari che costellano le nostre storie, ma la natura della mia domanda si riferisce agli errori, piuttosto che i pregi, che formano il nostro, a parer mio malsano, modo di vivere.


Se si avesse la volontà di istaurare nel tempo qualcosa di bello e di giusto o se si avesse la necessità di cambiare qualcosa che si ritiene sbagliato, la prima ed indispensabile cosa da fare è mettere in luce la situazione presa in considerazione, per contestualizzarla e discuterla.

Questo è uno dei più importanti motivi che hanno stimolato l’esistenza di questo articolo.


Lo scritto vuole essere di denuncia sociale, quindi prenderà presto, di proposito, una forma negativa e dispregiativa, accentuata per facilitare la trasmissione del fondamentale concetto.


Presumo che il nostro modo di vivere, soprattutto riferendomi alla più alta civilizzazione occidentale, si sia discostato enormemente da una situazione legata dalla natura, dalle nostre origini, mantenendo però ovviamente la nostra più totale dipendenza da essa.

Ci siamo irreversibilmente dimenticati cosa voglia dire vivere in armonia con l’ambiente e con supponenza abbiamo deciso, o è stato deciso per noi, che non siamo più animali, o che non abbiamo più niente a che vedere con la nostra natura animale, che ci ha accompagnato per milioni di anni.

Crediamo di essere superiori ed invincibili.

Con il termine “animale”, non voglio dar ad intendere che sia una connotazione dispregiativa, e neanche limitativa, è solo la condizione che accomuna ogni essere vivente presente sulla Terra.

Noi ci siamo liberati da questa condizione, nonostante la mia convinzione che tutto ciò che siamo lo dobbiamo alla Natura: siamo ciò che la Natura ci ha permesso di essere.

Lo affermo con molta sicurezza e convinzione.

Esitiamo come siamo oggi perché, nell’evoluzione naturare, abbiamo saputo cogliere il meglio dal contesto che ci ha sempre circondati.

Prima studiavamo e capivamo la Natura per sopravvivere. 

Ora, che siamo evoluti, ci limitiamo ad usarla e deturparla.

A rigor di logica dovremmo essere circa la stessa cosa che eravamo un tempo, ma abbiamo deciso di dimenticare le nostre origini millenarie, oppure è stato voluto che dimenticassimo, per molteplici ragioni. 


Il Capitalismo e la Globalizzazione, formano innumerevoli sistemi e micro sistemi che hanno malsanamente cambiato le nostre convinzioni e le nostre quotidianità, promuovendo la politica dell’economico, del veloce, del facile e del lontano.

Ci siamo impigriti, abbiamo impoverito le nostre vite, mancando di fascino e stupore per le piccole cose.

Di conseguenza, non ci vogliamo rendere conto delle grandi fortune che caratterizzano le nostre vite, dandole per scontato.


Come esempio lampante uso quello dei supermercati.

L’economia giustifica orrori disumani legati ad animai destinati a morire per il cibo spazzatura, la cosa che importa è poter permettersi di mangiare spendendo poco.

La facilità è l’aspetto che ci permette di avere tutto ciò di cui crediamo di aver bisogno, ovunque, in ogni momento, come i calzini nel reparto orto-frutta.

La lontananza consente di avere cose che provengono dall’altra parte del Mondo, per un semplice capriccio o uno sfogo, senza che ce ne importi nulla della cultura che andiamo ad incontrare.

Il lontano che diventa vicino inoltre, consente di esportare ovunque aziende di Multinazionali, di solito occidentali, che deturpano fragili ed affascinanti culture, viste come negativamente diverse ed arretrate.

La comodità ci permette di accettare che la maggior parte degli animali presenti sul pianeta, invece di stare a vivere nei loro habitat, debbano essere venduti sugli scaffali di un qualsiasi punto di rifornimento.

Sono alcune delle conseguenze del processo contro il nostro passato aspetto animale, diventato qualcos’altro.


Questa è l’incoerenza di noi umani evoluti, siamo sulla vetta della piramide, ed allo stesso tempo l’ultimo gradino del nostro sistema.

Incapaci di prendere decisioni scomode e difficili, conformandoci alle decisioni consolidate dalla maggioranza, per non sentirci diversi.

Incrementiamo quotidianamente un sistema palesemente sbagliato ed autodistruttivo.


Penso che la responsabilità delle nostre azioni, sia fortemente dipesa dalla soggettiva coscienza dell’errore, essendo la consapevolezza stessa a renderci colpevoli.

Chi sbaglia senza sapere di farlo, non può rendersene conto, noi con i nostri svariati mezzi di informazione e di comunicazione non abbiamo alibi e scuse che ammettono ignoranza su queste indispensabili tematiche.

Se il sistema non cambierà mai, sarà anche perché noi, gradino più basso, non faremo mai niente per cambiarlo.

Siamo indirizzati verso il conformismo e verso la negativa perseveranza composta da piccole e sbagliate azioni giornaliere.

Fino a che qualcosa non ci riguarda direttamente, ignoriamo realtà tragiche e lontane, perché la natura umana è perlopiù egoista ed individualista.

Ciò che è lontano conta gran poco.

Tutto conta gran poco fino a che non ci riguarda personalmente.


Le cose semplici possono fare la differenza, forse non salveranno il Mondo, ma daranno un barlume di speranza per il prossimo, non troppo lontano e inevitabile, futuro.

Dovremmo abbandonare la pigrizia e le nostre caotiche vite di città, ritornando ad uno stato naturale.

Il ritorno ad una Natura, vivendo la Natura come l’arché della nostra più umile, e allo stesso tempo grandiosa, esistenza.


Il riciclo, la forestazione, il risparmio, la condivisione, il rispetto per l’ambiente e le altre persone, la fratellanza reciproca, sono minuscoli tasselli che, poco a poco, potrebbero costruire un muro metaforico di una nuova cultura umana che valorizza il bene collettivo.

Abbandonando ciò che il sistema vuole più da noi: invece di unirci, ci spinge ad odiare ed invidiare l’altro, dando troppa importanza alla differenza etnica, culturale e razziale.


Dal momento che nessuno ci ha chiesto di fare parte di questo Mondo, il mondo è anche nostro, e dobbiamo combattere per riappropriarcene.

Dovremmo avere tutti il diritto, ed a volte il dovere, di provare a cambiarlo per il meglio.

E’ facile cambiarlo in peggio: basta non reagire.

Bisogna solo consumare e buttare via, bisogna solo odiare ed essere in competizione verso chiunque, portandoci ad avere delle vite ingiuste e pericolose.


Ciò che si dovrebbe fare è prendere la decisione meno scontata, la più difficile, quella che non prenderebbe nessun altro.




La regressiva evoluzione è l’estremo bisogno di tecnologie nocive ed inutili, che pensiamo possano renderci superiori ed irraggiungibili, ma che in realtà ci limitano a fare ciò che viene subdolamente ed indirettamente imposto da una volontà esterna e che semplificano i processi comuni quotidiani a tal punto che non sapremmo più vivere senza le nostre iper agevoli e facilite situazioni.

La mia evoluzione è il ritorno alla Natura, alla nostra condizione animale, senza tralasciare gli aspetti colti, intelligibili ed indispensabili che caratterizzano il perfezionamento del nostro essere.


La mancanza di dubitare è invece il nostro più totale disinteresse a chiederci le domande più scomode e difficili, che mettono in crisi tutte le convinzioni generiche che ci sono state indottrinate negli ultimi decenni.

Scartiamo ogni quesito che mette a repentaglio le nostre abitudini, smettendo quindi di dubitare e di diffidare da ciò che compone le nostre, di solito inconsapevoli, vite.

Nessuno vorrebbe scombinare la propria fragile ed allo stesso tempo complessa esistenza, ma bisognerebbe farlo ad ogni costo. 


Preservare il pianeta nella sua interezza e nella sua diversità, vuol dire permettere al pianeta di preservare noi stessi nei numerosi millenni a venire.

Nonostante tutto, gli esseri umani senza il pianeta che li circonda, li avvolge e li protegge, non sarebbero niente, anche se fanno finta che non sia così.


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